01 Luglio 2019
Com’è noto, tale cessione era prevista dall’art. 3, comma primo del d. l. n. 99/2017 (convertito, senza modificazioni, con legge n. 121/2017), col quale era stata disposta e disciplinata la liquidazione delle due Banche venete, e si era perfezionata con le cessioni stipulate il 21 giugno 2017 dalle due società in liquidazione ed “avent[i] ad oggetto non la totalità delle posizioni giuridiche facenti capo” alle cedenti “ma soltanto alcune di esse”, come si legge nella sentenza trevigiana.
Secondo quest’ultima, dal “Perimetro dell’Insieme Aggregato” oggetto di cessione dovrebbero ritenersi escluse le “posizioni giuridiche passive” attinenti a rapporti contrattuali già estinti alla data della cessione, perché prive del “carattere dell’inerenza e funzionalità all’esercizio dell’impresa bancaria”, richiesto dall’art. 3.1.2., lett. b) dei contratti di cessione per le “Passività Incluse” nel predetto “Perimetro”.
Tale interpretazione troverebbe conforto nello “statuto normativo speciale” dettato per questa “vicenda successoria” dal d. l. n. 99/2017, di chiara natura derogatoria alla “disciplina del codice civile in tema di cessione di azienda”, nell’interpretazione sistematica del contratto di cessione e nella valenza interpretativa, ai fini dell’art. 1362, secondo comma c.c., dell’“accordo ricognitivo” stipulato tra la Banca cedente (nel caso specifico: Veneto Banca) ed il cessionario Istituto San Paolo il 17.1.2018, il cui allegato 1.1. aveva confermato esplicitamente l’esclusione dalla cessione del “contenzioso giudiziale passivo pendente al 26 giugno 2017 relativo/connesso a rapporti estinti”.
Al contrario, secondo la Corte d’appello, sia l’art. 3 del d. l. n. 99/2017 che l’art. 3.1.2. del contratto di cessione indicherebbero “come criterio descrittivo tra le passività in contestazione cedute e quelle non cedute quello della pendenza o meno di una controversia… al momento dell’apertura della LCA, a prescindere che si riferisca rapporti ancora pendenti o rapporti già estinti”.
Essa interpreta il riferimento al fatto che le “passività” derivino “da rapporti inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria” contenuto nel citato art. 3.1.2. come decisivo ai fini di includerle tutte, senza distinzione, nell’oggetto della cessione.
Tanto più che tale interpretazione si pone “in linea con la previsione civilistica in materia di debiti relativi ad azienda ceduta”, e cioè con quanto disposto dall’art. 2560, secondo comma c.c.
E tale conclusione non potrebbe essere vanificata dal contenuto del già citato “accordo ricognitivo” del 17.1.2018, in quanto questo si porrebbe in contrasto “con quanto stabilito dal D.l. n. 99/2017” e “con il disposto di cui all’art. 2560 c.c.”, sarebbe inidoneo “a derogare a quanto stabilito in termini inequivocabili dal contratto di cessione del 25.6.2017” e, per di più, non sarebbe “opponibile ai terzi… potendo tutt’al più valere solo nei rapporti interni tra gli stipulanti”.
In conclusione, mentre il Tribunale trevigiano ha rigettato la domanda proposta nei confronti del cessionario Istituto San Paolo, ritenendo il suo difetto di titolarità del rapporto dedotto in giudizio, la Corte d’appello lagunare ha invece (parzialmente) accolto quelle che avevano formato oggetto di impugnazione nei suoi confronti, ritenendolo invece titolare del rapporto giuridico investito dalle domande degli appellanti.